Ipotesi di nuove restrizioni sugli scambi con l’Europa

A pochi giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, pesa l’incognita sulle politiche commerciali che la nuova amministrazione potrebbe adottare. Il tema dei dazi, in particolare, continua a essere al centro del dibattito, con ipotesi di nuove restrizioni sugli scambi con l’Europa. Mentre non ci sono ancora conferme ufficiali, alcuni studi hanno iniziato a delineare i possibili scenari per l’economia del Vecchio Continente e, in particolare, per l’Italia. 

Se da un lato l’imposizione di dazi potrebbe rappresentare un duro colpo per il nostro export, dall’altro potrebbero emergere anche opportunità strategiche, soprattutto in settori come la logistica, le infrastrutture e il commercio marittimo.

Il mare come snodo strategico per il commercio globale

Negli ultimi anni, il ruolo del mare nei traffici internazionali è stato spesso sottovalutato, nonostante l’Europa vanti alcuni dei più grandi gruppi armatoriali al mondo. Tuttavia, l’eventuale stretta protezionistica da parte degli Stati Uniti potrebbe spingere l’Italia a riconsiderare l’importanza delle sue infrastrutture portuali e logistiche.

Canale di Panama, Groenlandia, Golfo del Messico: le prime dichiarazioni dell’amministrazione Trump sembrano indicare un crescente interesse per le rotte marittime come chiave per rinegoziare gli equilibri economici globali. In questo contesto, l’Italia potrebbe sfruttare la sua posizione strategica nel Mediterraneo, investendo in portualità e logistica per rafforzare il suo ruolo nei commerci internazionali.

L’eventuale introduzione di dazi colpirebbe non solo l’export italiano, ma anche i flussi di trasporto marittimo e aereo. I porti più coinvolti sarebbero quelli tirrenici, con Genova in prima linea grazie ai collegamenti diretti con New York, Norfolk e Savannah. Anche gli scali di La Spezia, Livorno, Napoli, Salerno e Gioia Tauro sarebbero direttamente impattati da eventuali riduzioni dei traffici con gli Stati Uniti.

L’Italia e il peso dei dazi: i numeri dell’export

L’Italia è il secondo paese europeo, dopo la Germania, per valore delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Nel 2024, secondo Confartigianato, il valore dell’export italiano verso il mercato americano ha raggiunto i 66,4 miliardi di euro, pari al 10,7% del totale nazionale. Tra il 2018 e il 2023, le vendite italiane negli USA sono aumentate del 58,6%, toccando i 24,9 miliardi di euro.

I settori trainanti dell’export italiano negli Stati Uniti nel 2024 sono stati:

• Farmaceutico (+19,5%)

• Alimentari, bevande e tabacco (+18%)

• Apparecchi elettrici (+12,1%)

• Macchinari (+3,7%)

• Gomma, plastiche, ceramica e vetro (+3,2%)

• Legno, stampa e carta (+2,4%)

Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte sono le regioni italiane che esportano di più verso gli Stati Uniti.

La Lombardia guida la classifica con un export di 13,5 miliardi di euro, seguita da Emilia-Romagna e Toscana, le quali mostrano una forte esposizione al mercato USA, rispettivamente con il 9,6% e il 7,1% del loro valore aggiunto destinato agli Stati Uniti.

Nonostante il calo complessivo dell’export manifatturiero italiano verso gli USA (-1,5% nei primi nove mesi del 2024), alcune regioni come Lazio e Toscana hanno registrato crescite significative, rispettivamente del 40,5% e del 18,5%.

Tuttavia, con l’ipotesi di nuovi dazi tra il 10% e il 20%, l’export italiano potrebbe subire una riduzione del 4,3% nel primo caso e addirittura del 16,8% nel secondo.

I settori più a rischio

L’introduzione di nuove barriere tariffarie penalizzerebbe in particolare i settori con una forte presenza di micro e piccole imprese, come moda, arredamento, legno, metalli, gioielleria e occhialeria. Nel 2024, queste categorie hanno esportato verso gli Stati Uniti beni per 17,9 miliardi di euro, con un incremento del 3,9% tra gennaio e settembre.

Tra i comparti più esposti si registrano:

• Prodotti alimentari (+24,1%)

• Legno (+6,4%)

• Mobili (+4,2%)

• Abbigliamento (+3,5%)

Uno scenario simile si era già verificato nel 2018, quando l’amministrazione Trump aveva imposto tariffe aggiuntive su molte eccellenze del made in Italy, tra cui vino, olio, pasta e formaggi, oltre ad acciaio e alluminio. In risposta, l’Unione Europea aveva imposto dazi su prodotti americani come motociclette e bourbon.

Se nel 2018 i dazi erano circoscritti a specifici settori, oggi il rischio è che le restrizioni possano colpire un ventaglio più ampio di prodotti, rendendo l’incertezza un fattore chiave per il futuro dell’export italiano.

Possibili reazioni dell’Europa e nuove strategie commerciali

Le imprese italiane hanno già dimostrato di sapersi adattare a scenari complessi. Dopo la tornata di dazi del 2018, molte aziende hanno diversificato i mercati di sbocco e riorganizzato le proprie supply chain.

Tuttavia, se l’Europa decidesse di rispondere con misure di ritorsione, imponendo dazi su prodotti americani, si potrebbe innescare una guerra commerciale con effetti imprevedibili. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di rafforzare gli scambi con gli Stati Uniti attraverso accordi specifici, come l’aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto americano in sostituzione di quello proveniente dal Golfo Persico o dal Nord Africa.

Nel frattempo, l’Italia sta cercando di diversificare le proprie rotte commerciali. Gli eventi geopolitici degli ultimi anni hanno ridimensionato le relazioni con Iran e Russia e potrebbero, in futuro, impattare anche i rapporti con la Cina. In questo contesto, nuovi mercati potrebbero emergere grazie agli accordi di libero scambio recentemente firmati dall’Unione Europea.

Uno dei più rilevanti è il trattato Mercosur, che – una volta ratificato – potrebbe aprire nuove opportunità per il commercio italiano, soprattutto in Brasile. Sebbene questi nuovi mercati non siano in grado di sostituire immediatamente la consistente quota di export destinata agli Stati Uniti, rappresentano comunque un segnale della volontà dell’Europa di espandere il proprio raggio d’azione in un contesto globale sempre più protezionistico.

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